15/07/2025

La prima volta che ho sentito parlare della Transiberiana d’Italia, ho chiuso gli occhi e immaginato un treno d’altri tempi che si fa strada tra le montagne, circondato da distese innevate e silenzi profondi. Vagheggiavo carrozze d’epoca, paesaggi incantati e un ritmo lento, quasi dimenticato. Non mi sbagliavo. Quel sogno si è trasformato in realtà durante un viaggio invernale condiviso con il mio compagno, in uno dei percorsi ferroviari più suggestivi e poetici d’Italia. 

Saliti a bordo di una locomotiva storica, abbiamo attraversato l’Appennino centrale, là dove il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise si incontra con quello della Maiella, tra valli solitarie, creste innevate e borghi che sembrano sospesi nel tempo. Un itinerario che non è solo geografico, ma anche interiore: un invito a rallentare, ad ascoltare, a meravigliarsi. La nostra avventura è iniziata a Sulmona, una città che in inverno ha un fascino speciale, con le sue vie eleganti, i confetti famosi in tutto il mondo e le montagne innevate che la abbracciano da ogni lato. Le prime luci del giorno illuminavano i tetti imbiancati mentre il treno, sbuffando dolcemente, lasciava la stazione, avviandosi verso le alture della Conca Peligna. Subito siamo stati avvolti da un’atmosfera d’altri tempi: il lento avanzare sui binari, i fischi della locomotiva, il rumore cadenzato sulle rotaie… Tutto sembrava scandito da un tempo più umano, più vero. Galleria dopo galleria, ponte dopo ponte, il paesaggio diventava sempre più spettacolare: boschi incantati coperti di neve, viadotti arditi sospesi sul vuoto, pascoli solitari punteggiati da casette isolate, e piccoli paesi che apparivano all’improvviso tra le curve, come in una fiaba. Era impossibile staccare lo sguardo dal finestrino. Arrivati a Castel di Sangro, ci siamo immersi in un’atmosfera natalizia che sembrava uscita da una cartolina d’epoca. Le piazze erano animate da musica dal vivo, i mercatini artigianali, i profumi di legna e – meraviglia - il vin brulé. In un ristorantino del centro, ci siamo lasciati conquistare dai sapori autentici della cucina locale: salumi speziati, zuppe contadine, pasta fatta a mano. Poi, passo dopo passo, ci siamo inoltrati nei vicoli della Civita, la parte più antica della città, fino a raggiungere la Pinacoteca Patiniana. Lì, circondati dalle opere intense di Teofilo Patini, abbiamo fatto un salto nella storia, nelle fatiche e nella dignità delle genti di montagna. Un luogo raccolto, commovente, che lascia il segno. Nel pomeriggio, il treno ci ha condotti verso Campo di Giove, altro gioiello incastonato tra le cime innevate. Anche qui il clima di festa era palpabile: tra musica itinerante, stand gastronomici e casette di legno addobbate con cura, sembrava di essere entrati in un villaggio natalizio nordico, ma con l’anima calda e accogliente dell’Abruzzo. Abbiamo sorseggiato infusi alla genziana, gustato dolci alla ricotta e zuppe bollenti, mentre le luci si accendevano lentamente, trasformando il borgo in un presepe vivente. Il rientro a Sulmona, avvolti dal crepuscolo e cullati dal dondolio ritmico del treno, è stato come il finale dolce di un film poetico. Fuori, la neve cominciava a cadere leggera; dentro, gli occhi ancora colmi della bellezza di questo giorno, i cuori più leggeri.

La cosiddetta Ferrovia dei Parchi non è solo un tracciato storico: è un viaggio nella memoria, nella natura, nelle emozioni. Un’esperienza autentica, che parla di lentezza, di bellezza silenziosa, di legami ritrovati. Per chi desidera ritornare a un modo di viaggiare fatto di ascolto, incontri e meraviglia, la Transiberiana d’Italia è molto più che un treno: è un piccolo, grande miracolo su rotaia.

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